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Barda larga, priorità alle industrie

CorCom
19 febbraio 2016Dicono di noi
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Federico Protto, Ad di Retelit: "Concentrarsi su bandi ad hoc per il fiber to the business"

“Se potessi dare un suggerimento, consiglierei di concentrarsi su bandi tematici, dando la priorità alla realizzazione della rete a banda ultralarga per le aziende. Bandi per il fiber to the home residenziale e per il fiber to the business potrebbero avere appetibilità diverse”.
Lo dice a CorCom Federico Protto, amministratore delegato di Retelit, operatore italiano di servizi dati e infrastrutture per il mercato delle tlc che dispone di una rete in fibra ottica proprietaria di 9mila chilometri, che collega 9 reti metropolitane e 18 data center in tutta Italia.
Ingegnere Protto, perché dare priorità all’industria? E’ innegabile che se la digitalizzazione è importante per il cittadino è forse ancora più importante per le aziende. Tanto più che il nostro contesto di settore è frammentato territorialmente: dietro ogni collinetta c’è una piccola fabbrica. Una soluzione del genere darebbe un boost alla nostra industria, e potrebbe arrivare a realizzarsi anche soltanto nel giro di un anno”. Quali sono a suo avviso i capisaldi da rispettare per la realizzazione delle rete ultrabroadband? Io ne vedo tre. Innanzitutto l’infrastruttura deve essere realizzata in un contesto controllato e governato dallo Stato. La rete così come la stiamo pensando è un monopolio naturale, ed è dimostrato dai fatti che la competizione sull’infrastruttura non porta a risultati virtuosi. Il Governo sta andando proprio in questa direzione sui cluster C e D, quelli per le aree a fallimento di mercato, e non vedo perché lo stesso approccio non possa essere applicato per le cosiddette aree nere. E gli altri due? Il secondo caposaldo è che i soggetti incaricati di realizzare, gestire e commercializzare l’infrastruttura dovranno essere soggetti non verticalmente integrati, né controllati in tutto o in parte da soggetti verticalmente integrati. Allo stesso modo operatori verticalmente integrati non potranno e non dovranno entrare nel capitale di Enel Open Fiber. Quanto a Metroweb, oggi è l’operatore infrastrutturale per eccellenza nelle aree dove è presente, e garantisce condizioni d’accesso eque e non discriminatorie. Eventuali ingressi delle telco nella società dovrebbero essere analizzati molto attentamente in termini di Antitrust e Agcom, perché il rischio è che venga a crearsi un soggetto, soprattutto se fosse deputato a cablare gran parte del Paese, verticalmente integrato. E infine, terzo caposaldo, chiunque sarà l’operatore incaricato, dovranno essere fissate regole di accesso e per il backhauling certe e non discriminatorie, decidendo tra l’altro se l‘operatore infrastrutturato sia un operatore che cede accesso all’infrastruttura solo spenta o anche accesa. Come si inserisce in questo quadro il ruolo di Infratel? Infratel potrebbe essere un elemento centrale e molto ben posizionato in questa strategia, se la consideriamo come stazione appaltante. Ma ovviamente non ha la capacità e la possibilità di essere un operatore. In un’ottica prospettica ha un ruolo centrale che potrebbe essere ulteriormente potenziato attraverso l’ingresso di altri soggetti aggregati come ad esempio Enel Open Fiber, che aggiungerebbe capacità sui grandi volumi. Che ruolo vede proprio per la newco creata da Enel? Enel open fiber può sfruttare le sinergie per i contatori. Come questo avverrà è ancora un po’ incerto, ma dal punto di vista economico se il costo per building è secondo la stima media di circa 800 euro, con questa sinergia potrebbe essere abbattuto fino a 300. E poi, grazie anche a un manager come Pompei, potrebbe essere un operatore che gestisce e commercializza l’infrastruttura in modalità wholesale. Ma Enel open fiber dovrà per forza di cose aggregare intorno a sé altri operatori per garantire non solo l’ultimo miglio ma anche la “distribuzione primaria”, cioè dal cabinet fino alle centrali di backhauling. Pensare a Enel open fiber come soggetto attuatore dei bandi di Infratel chiuderebbe il cerchio. La questione tempi. Siamo in regola con la tabella di marcia? Dal punto di vista strettamente operativo siamo molto indietro, e il tempo che è stato perso sarà difficilmente recuperabile. Al momento la scadenza del 2020 risulta ottimistica. Al di là dei ritardi che si sono registrati in conferenza Stato Regioni per l’assegnazione dei fondi, è importante che il Governo continui in un’azione molto determinata sull’adozione dei modelli e dei soggetti attuatori, perché la strategia non è ancora definita completamente. La direzione è quella giusta, ma mi sembra di poter dire che si stia procedendo ancora troppo lentamente.
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